Ad un certo punto, durante una lezione serale di scrittura (non ricordo con esattezza di cosa si stesse parlando) l’insegnate dice: “Bisognerebbe chiedersi perché qualcuno dovrebbe aver voglia di leggere quello che scriviamo… In sostanza: perché leggiamo?”
La domanda era contestualizzata al tema della serata, ma io l’ho sviluppata, l’ho portata fuori dall’aula e inseguita per vedere dove andava a posarsi.
“Perché leggiamo?”
Cosa facciamo veramente quando leggiamo? Le parole stampate su carta hanno il potere di attrarci in un mondo che non esiste in quel momento e in quello spazio. Fiorisce nella nostra testa.
A questo punto la domanda plana e si posa su un concetto racchiuso in un acronimo: VR, realtà virtuale.
Leggere è un po’ come immergersi in una realtà virtuale generata dentro di noi sulle tracce del pensiero dell’autore.
Un alito di vento e la domanda ne è scossa, riprende il volo: perché leggiamo?
Come uno starnuto improvviso ed imprevisto, violento, irrefrenabile e, per certi versi, liberatorio, appare un pensiero: leggiamo perché, in fondo, una vita non ci basta… Ma ecco che questo stesso pensiero, insieme con “la domanda”, e il concetto espresso dall’acronimo, si contorcono e si aggrovigliano come anguille che agonizzano in un secchio. I corpi si soffocano l’un l’altro in spire via via più strette. Si spremono e ne scaturisce una considerazione: quando leggiamo non viviamo il nostro tempo!
Se è vero che una vita non basta che senso ha leggere per viverne un’altra evitando, nel contempo, di vivere la nostra?
Vivere la nostra vita. Adesso il flusso delle immagini e dei pensieri non è più come una velina sospinta dal vento, oh no, adesso è una scrosciante cascata.
La nostra vita è noiosa, forse? Lenta. Le cose accadono spalmate in un arco di tempo lungo, che non tiene conto dei tempi della narrazione. Le cose veramente importanti, o quantomeno interessanti, se accadono (e non è affatto scontato che accadano), sono intervallate da lunghi periodi noiosi, che a nessuno, nemmeno a noi, interessano. Se fossero capitoli di un libro li salteremmo a piè pari. E di quel libro leggeremmo poche pagine.
Quando un romanziere scrive non vuole annoiare il lettore — e non sempre ci riesce — scrivendo di momenti morti, dove non accade nulla che valga la pena di scrivere. Non racconta “tutta” la vita di un personaggio, racconta ciò che serve alla “Storia”. E lo fa con arte.
Oggi, le regole dettate dall’editoria, tengono conto di ciò: i romanzi di 600 pagine, comuni ad inizio secolo, divengono saghe, suddivisi in più libri di 250 pagine al massimo, se vuoi vendere. Non spaventiamo il lettore con l’idea dell’impegno. Prendere in mano un libro voluminoso, a prescindere da ciò che in esso vi sia scritto, scoraggia i più. Non lo finirò mai!, si è portati a pensare. Non avrò mai abbastanza tempo per arrivare in fondo…
A guardar bene tutto ciò che è narrazione è così. Anche se si pensa al cinema, che ha ancora meno “tempo” del romanzo per dire qualcosa, per farci vivere una VR accattivante e coinvolgente. Tutto è più veloce lì.
Veloce. Veloce. Sempre più veloce. Sintesi. Andare al sodo. Efficacia. Non c’è tempo da perdere!
La cascata si frange sulle rocce in volute tumultuose di schiuma bianca. Schizzi e spruzzi ovunque. Fragore.
Poi però il pensiero dilegua nello specchio di un quieto lago di montagna. Torna la limpidezza che lo contraddistingue. Tutto rallenta e si diffonde. Il tumulto è ora lontano, alle spalle.
Navighiamo verso un tremendo pericolo?
Prenderà sempre più piede la VR, e forse in ciò non v’è nulla di male, se non fosse che essa potrà essere più accattivante della “Realtà”, del mondo in cui viviamo, con i suoi tempi vitali, i suoi spazi vuoti, i suoi momenti di silenzio. Violenteremo il nostro cervello bombardandolo ancor più di quanto già non facciamo?
I nostri figli, gli adulti del futuro, saranno forse una schiera di iperattivi schizofrenici immersi in un mondo virtuale accattivante, scollegati da quello reale (monotono e lento)? Reggeranno i cervelli? L’epilessia sarà di moda? Sarà sempre più faticoso stare nella Realtà?
Forse, questo articolo, è già troppo lungo…(?)
Si siamo un popolo di iperattivi…..mi hanno salvato i cani…..leggere loro è leggere per loro.
Grazie luca…come sempre incisivo everitiero