30/7/2007
LA STAMPA

Riconosciuto il danno esistenziale
PESCARA Investe un cane e lo uccide, viene quindi condannato al risarcimento del danno esistenziale per la proprietaria: è la sentenza emessa nei confronti di un automobilista dal giudice di pace di Ortona (Chieti), Aurelio Della Nebbia, la prima pronuncia giurisprudenziale in tal senso, sottolineano gli Animalisti Italiani. Secondo gli Animalisti, la sentenza è importante «non solo perchè il giudice di pace ha rigettato la richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla vettura», visto che il conducente non ha fornito la prova di aver fatto il possibile per evitare il danno, «ma ha anche sanzionato civilmente la condotta dell’automobilista, che non si era fermato a prestare soccorso all’animale, condannandolo a risarcire il danno esistenziale, costituito dalla rottura dell’intenso legame affettivo della proprietaria con il proprio cane». «È una sentenza – commenta l’avvocato Michele Pezone, che ha assistito in giudizio la signora – che si inserisce perfettamente nel solco dell’attuale evoluzione normativa e giurisprudenziale, caratterizzata da una sempre maggiore attenzione verso l’importanza della vita e delle sofferenze degli animali e delle relazioni affettive con i loro proprietari, relazioni meritevoli di tutela giuridica».L’automobilista, che aveva chiesto un risarcimento pari a 2374 euro per i danni subiti dalla sua auto, è stato invece condannato a pagare 1500 euro alla padrona del cane per danno esistenziale oltre al pagamento di tutte le spese legali per circa 1544 euro. L’incidente in cui perse la vita «Argo», così si chiamava il pastore tedesco, era avvenuto la notte del 24 febbraio del 2006, in contrada Savini. Il cane avrebbe attraversato improvvisamente la strada e l’auto lo investì scaraventandolo in un fossato. La carcassa dell’animale fu rinvenuta solo il giorno dopo.L’uomo è stato condannato soprattutto perchè – scrive il giudice di pace nella sentenza provvisoriamente esecutiva – «non ha provato di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno», cioè l’investimento dell’animale, così come previsto dal primo comma dell’art. 2054 del codice civile. Il giudice, infine, ha anche tenuto conto di come «Argo» fosse integrato nella famiglia che lo deteneva e del particolare legame affettivo che aveva con la figlia più piccola della padrona del cane.