Quanto segue è la trascrizione di un articolo pubblicato su “La settimana veterinaria – n° 753 – 21 settembre 2011——————————–Federazione italiana diritti animali.Convegno a Roma
Dalla violenza sugli animali alla violenza sugli uomini Risale ai lavori preparatori del 1887 del futuro Codice penale il seguente passaggio della Relazione ministeriale che, riguardo al maltrattamento degli animali (art. 491 del Codice Zanardelli del 1889), così recitava: “Il martoriare, con animo spietato esseri sensibili, recando loro fieri tormenti, non cessa di essere un male perché quelli che ne soffrono sono privi della umana ragione.Od ogni segno di umanità, di compassione di benevolenza, spingono nell’uomo avvezzo ad inferirgli infierire contro le creature animate dello circondano ogni sentimento mite, pietoso e gentile, lo rendono insensibile alle altrui sofferenze, e così lo induriscono anche contro i suoi simili giusta l’adagio: saevitia in bruta est tirocinium crudelitatis in homines laonde destano e alimentano nella società effetti feroci e barbari segnatamente nei fanciulli con gravissimo nocumento all’educazione loro”. Chissà se questo brano era già noto agli organizzatori del convegno promosso da Feder Fida Onlus (federazione italiana diritti animali) sulle violenze di cui restano vittime di animali, ma senza dubbio ciò dimostra che l’argomento è purtroppo di antica e costante attualità, e l’aumentata sensibilità verso gli animali non sembra avere inciso in maniera decisiva sulla rimozione di tale fenomeno. Tanto è vero che, almeno nel mondo occidentale, da diversi decenni per la comprensione della violenza umana nelle nostre società di studi di psicologia (clinica, sociale e dello sviluppo) e di sociologia sempre più prendono in considerazione, in un medesimo quadro teorico di riferimento, anche la violenza degli umani nei confronti degli animali, come testimoniato dai relatori (prof. Tonino Cantelmi, presidente dell’Istituto di terapia cognitivo-interpersonale, Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio zoomafia della Lav, Camilla Pagani, ricercatrice presso l’Istituto di psicologia del consiglio nazionale delle ricerche).Oltre ad antiche costruzioni socio-culturali, numerosi studi, soprattutto anglosassoni, tendono a dimostrare che le analogie tra la violenza sugli umani e la violenza sugli animali non sono solo numerose e incontrovertibili, risultano intrinseche allo stesso concetto di violenza. Concetti come potere, competizione e capacità di rapportarsi individualmente con il diverso da sé sono ormai normalmente impiegati in tali studi, così come lo studio del pregiudizio e l’orientamento alla dominanza sociale usualmente utilizzati nello studio delle relazioni tra i gruppi (in particolare quelle cross-culturali) viene impiegato nelle indagini sulle relazioni uomo-animale, constatando così che gli aspetti conflittuali, arbitrari e incoerenti riscontrati nelle relazioni interumane sono sovrapponibili e identificabili al rapporto degli umani con gli animali.Quindi come detto le analogie tra l’avvio del fa agli umani e la violenza agli animali non solo sono numerose, ma intrinseche allo stesso concetto di violenza intesa come sopraffazione del soggetto più debole, e se proprio una differenza va individuata tra le due tipologie, questa va ravvisata sostanzialmente nel fatto che gli umani risultano più crudeli con gli animali piuttosto che con i loro conspecifici in quanto gli umani, in genere, sono più in grado di difendersi. Questo ampliamento della prospettiva di studio, oltre a favorire l’analisi dei fenomeni violenti, anche aiutato a meglio individuare i loro opposti positivi aperta parentesi simpatia, amore, compassione chiusa parentesi che possono contribuire a invertire, attraverso processi affettivi e cognitivi, i rapporti C.I.A. tra gli umani che verso gli animali. In quest’ottica di interventi educativi tesi a prevenire e combattere la violenza sugli animali acquisiscono una valenza e un’utilità più vasta in quanto, almeno negli aspetti essenziali, sono in grado di migliorare anche le relazioni tra gli umani dato che, da un punto di vista psicologico, la strutturazione logica di quel complesso processo che è la comprensione del “diverso/altro” risulta sempre la stessa, sia che si tratti di instaurare un livello di comprensione tra donne e uomini, tra vecchi e giovani, tra poveri e ricchi, eschimesi africani e quindi tra uomini e “animali”. Dagli studi teorici alla praticaGli abusi sugli animali trovano purtroppo costante conferma nelle cronache quotidiane anche nel nostro paese, e numerose sono le segnalazioni di condotte violente da parte di giovani emotivamente analfabeti a danno di animali, testimonianza di una totale assenza di empatia e di una qualsivoglia educazione all’alterità che inevitabilmente, specie in alcuni contesti degradati, li condurrà dopo gli animali a essere violenti verso gli uomini: se non tutti coloro che hanno commesso violenze sugli animali diventeranno serial killer, di fatto qualsiasi serial killer ha un passato di seviziatore di animali. Consistenti conferme in tal senso sono state raccolte durante le attività investigative dell’FBI e di Scotland Yard che, nella risoluzione di numerosi casi legati alle azioni criminali di serial killer, hanno evidenziato dal precedente attitudine al costante maltrattamento degli animali domestici durante l’infanzia e l’adolescenza.Per ultimo va ricordato che nell’ultima edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM IV) che classifica le malattie solo su base sintomatologica al fine di fornire un linguaggio uniforme agli psichiatri di tutti i paesi e indirizzi, l’azione violenta da parte di bambini nei confronti degli animali viene considerata predittrice di futuri disturbi della personalità col rischio di sviluppare comportamenti asociali nell’età adulta.Vitantonio Perrone
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