Con molta nostalgia ho ripescato un mio vecchissimo racconto breve, anzi, brevissimo, genere che non va tanto dal punto di vista editoriale, ma che ha me piace molto.
Questo racconto, dal titolo IL GIOCO, lo scrissi la prima volta nel lontano 1994, battendolo a macchina per poi ricopiarlo in un file nel mio primo Home Computer IBM. Lo stampai su carta con una rumorosissima stampante ad aghi che impiegava qualche minuto per ogni pagina (sembra veramente la preistoria).
Qualche anno dopo mi ricapitò tra le mani. Feci alcuni ritocchi e lo inviai ad una rivista on-line, insieme ad altri brevissimi, che pubblicava (forse ancora oggi lo fa) di tutto, purché il tema fosse il macabro, l’horror e cose così. Il sito è: SCHELETRI.
Non so come, oggi ci sono ricapitato dopo molti anni, forse più di quindici, e ho deciso di ricondividerlo, dato che in questo periodo mi sto dedicando alla scrittura, e non solo sul tema cinofilo, come mio solito.
Bhé, chi mi segue da tempo forse sa della mia passione per la letteratura del genere NERO, e non solo, quindi spero apprezzi questo mio breve pezzo.
Buona lettura…
IL GIOCO
Il sapere di essere solo non mi consola affatto.
Non mi sento per niente tranquillo, mi vibra addosso una strana sensazione, come un alito d’aria tiepida sulla pelle nuda e madida di sudore.
Li sento, so che mi stanno cercando, che mi vogliono stanare, ma so anche che qui nessuno mi troverà, a nessuno verrebbe mai in mente di cercarmi qui dentro.
Sono immerso nell’oscurità più totale e questo non mi spaventa, ciò che mi preoccupa invece è quello che la mia mente tra poco comincerà a creare per compensare la prolungata assenza di luce e suoni. E’ la consapevolezza di ciò che mi produce quella strana sensazione, quel brivido sordo che lentamente si fa strada nella coscienza.
La stanza in cui sono rintanato ha una strana geometria, è un tronco di piramide sdraiato su un lato e la base è la porta in legno dietro la quale io sto immobile.
Ho estratto la chiave dalla serratura per poter spiare all’esterno quelli che mi cercano. Dal foro penetra un denso raggio di luce che incide deciso il buio con precisione chirurgica. Un sottile raggio di luce, il mio filo di Arianna, il mio unico aggancio con la realtà, la mia ancora di salvezza dall’incubo che lentamente si fa strada dentro di me.
Silenzio, infinito silenzio… e buio, profondo e caldo.
No! Il silenzio non esiste, il silenzio, quello vero, le mie orecchie non lo conoscono, anzi, la mia mente non lo conosce.
La mente non si dà mai pace e cerca sempre qualcosa da ascoltare e quando niente arriva dall’esterno si ascolta dentro. Un ronzio leggero riempie il vuoto silenzioso, il ronzio di milioni di globuli rossi che si accalcano nelle vene e nei capillari, spinti dall’instancabile pompa che ora aumenta il ritmo… tu-tùm tu-tùm!… tu-tùm tu-tùm!…
Più ascolto il mio cuore più questo aumenta e dentro di me ora c’è un gran frastuono, e la mente penetra sempre più in profondità fino a che non giungerà da fuori un rumore, anche leggero. Fino a quel momento lei affonderà i suoi tentacoli inesorabili dentro di me.
Un piccolo rumore, basterebbe quello e i suoi lunghi tentacoli scuri si sfilerebbero rapidissimi da me e si lancerebbero verso quello, in un istante, lo catturerebbero assorbendolo, studiandolo e ci costruirebbero sopra un’immagine, una storia, dandomi pace per un pò.
Mi sembra di essere qui dentro da un’eternità.
Avverto un fastidioso formicolio ai piedi, sono immobile e teso da troppo tempo, sarebbe sufficiente uno spostamento millimetrico di una gamba per provare un minimo sollievo, ma devo resistere, devo stare fermo.
Sento che la mia mente sta macchinando qualcosa, il buio la soffoca, lo spazio infinito e vuoto non è accettabile.
– Muovi i piedi, asciugati il sudore sulla fronte… soddisfa il prurito che ti tormenta sulla schiena umida!!!
Non devo ascoltare, mi devo concentrare su i miei inseguitori, chissà se hanno desistito dal cercarmi?
– Credi di potermi ignorare ancora a lungo? Credi che questo trucchetto da bambini ti risparmierà quello che ti aspetta, quello che tu sai benissimo!!!
Quelli non smetteranno mai di cercarmi, la posta in gioco è troppo grossa, ma io sono più furbo di loro e rimarrò qui fino a che non sarò sicuro di cavarmela anche questa volta.
– Ti ha già fiutato! Sente la tua adrenalina e questo la eccita ancora di più, si sta muovendo verso di te, la senti vero? Lo sai che ti troverà prima o poi, lo sai che si nutre della tua paura e che diventa sempre più forte e famelica… la bestia… sai benissimo che è nel buio che vive!
Fissa il raggio di luce! Il pulviscolo che ci galleggia dentro… concentrati!
Nel buio non c’è nulla, non c’è nessuna bestia, niente si nutre delle mie paure, sono io che ti do voce quindi ora taci!
– Lo so che l’avverti… si avvicina, tra poco ti vedrà e allora non avrai più scampo…
Devo rimanere immobile, se mi sposto anche di un solo millimetro, se non trattengo l’affanno… lei mi vedrà!
La bestia che si contorce furiosa nei suoi ringhi soffocati dalla densa bava che il mio odore le causa, mi individuerà… allora non avrò più scampo!
– Non è mai stata così vicina, la senti, senti la sua incontrollabile follia che si scatena… senti i suoi affilati unghioni grattare impazienti nell’oscurità, senti il fetore del suo respiro e lo sbattere delle fauci… ascolta…
Il buio è denso come melma nera, mi soffoca.
Le sue zanne sbattono al ritmo del mio cuore che mi sta per scoppiare nel petto… sono paralizzato dal terrore… la sento, è vicinissima!
– Scappa! Scappa o tra un istante ti avrà trovato… scappa o ti conficcherà gli artigli nella schiena e ti trascinerà nel buio infinito e ti farà a pezzi, ti smembrerà all’infinito con una furia inaudita e insaziabile!
Lei è il male, il male universale e si nutre del terrore, è senza controllo e vuole me, è dietro di me! Devo uscire!
Uscire alla luce del sole, questa è la mia salvezza.
Le mie gambe sono dei blocchi di cemento, inchiodate dai crampi… e lei è più vicina, ancora più vicina…
– Esci!… Ora!… Scappa!
Mi prenderanno se esco!
– E’ troppo tardi, sta per spiccare il balzo! Il predatore cattura la sua preda!
Fuoriii!
Spalanco la porta dello scantinato, imbocco le scale, la luce del sole mi rende cieco. Salto gli scalini a due a due preso dal panico, come una gazzella braccata da un leone che sente gli artigli sfiorarla mancando per un soffio il bersaglio. Il mio corpo agisce scollato dalla mia volontà, l’adrenalina mi cola quasi dalle narici mischiata al muco e dagli occhi alle lacrime.
Sono fuori, immerso nella luce e nel calore di un pomeriggio di agosto.
Eccoli, i miei avversari, i miei inseguitori mi hanno avvistato e corrono verso di me.
Ma sono in vantaggio!
La grande quercia e davanti a me, mancano pochi metri.
– Prendetelo! Correte, correte!
Stanno gridando e correndo come pazzi, ma non riusciranno a fermarmi.
Non mi fermeranno nemmeno questa volta.
Tre metri… due metri… un metro!
Mi protendo verso la quercia, allungo la mano e finalmente sento la corteccia sul palmo e sotto le dita, ora posso gridare libero.
E’ finita!
– UN-DUE-TRE. Liberi TUTTI!!!
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