Ho ricevuto oggi un libricino che aspettavo da qualche tempo, GLI INTOCCABILI di Eliot Ness con Oscar Fraley. Immagino che tutti quanti ricordino il bellissimo film di Brian De Palma del 1987 (come passa il tempo…)
Be’, comunque, l’incipit del PROLOGO mi ha stimolato diverse riflessioni:
“Durante quell’epoca fantastica della follia alcolica conosciuta come il Proibizionismo, gli elementi della malavita che in precedenza s’erano specializzati nel gioco d’azzardo, il vizio e i ricatti fecero il colpo gobbo provvedendo a soddisfare la sete della nazione.
Le bevande alcoliche erano proibite. Di conseguenza la gente le chiedeva. Era una generazione dal palato facile che ignorava una legge esasperante bevendo alcolici peggio che scadenti prodotti nella clandestinità.”
Ebbene, erano proibiti di conseguenza la gente le voleva. Questa, su tutte, la frase che mi ha fatto riflettere. Non è paradossale? Quando qualcosa diventa proibito aumenta il suo valore e il desiderio che la gente ne ha, e nel contempo quello che si è disposti a fare e rischiare per avere questo qualcosa.
Arrovellandomi da anni su come rivalutare l’importanza della relazione uomo-animali non umani, in particolare uomo-cane, per lenire quella piaga che sono i maltrattamenti e gli abbandoni, e la scarsa, se non scarsissima, considerazione che il cane ha per la nostra società sono arrivato a pensare di agire all’opposto di quanto fatto fin’ora.
Negli anni mi sono fatto l’idea – tremenda – che sia molto più facile vivere sfruttando l’ignoranza della gente piuttosto che facendo cultura. Spesso, di fronte alla reale sofferenza e all’ingiustizia, ci si sente impotenti e frustrati e si vorrebbe avere la bacchetta magica affinché tutto si possa risolvere con un semplice sventolio. Ma le bacchette magiche non esistono e comunque si potrebbe essere tacciati di «dispotismo» e di grande arroganza nel credere che il mondo debba girare come vuole una sola persona.
Troppo facile, per chiunque, poter prendere un cane e poi sbarazzarsene. Nel farlo non si rischia praticamente nulla, e a livello sociale questa cosa non è poi percepita come un vero crimine: ci sono sempre cose più importanti di cui occuparsi nel mondo.
Intanto migliaia e migliaia di cani patiscono di reale sofferenza per i capricci e l’ignoranza dell’uomo. Impotenti anche loro di fronte alla stupidità, all’arroganza e talvolta al sadismo delle persone.
Come cambiare tutto ciò?
Forse l’uomo non si merita più il cane?
Forse il cane ha fatto il suo tempo?
Come proteggerlo?
Forse il cane ha fatto il suo tempo?
Come proteggerlo?
Provo ad immaginare – ed ecco il senso del prologo – ad uno scenario ben diverso: E se invece che remare per valorizzare il cane e la sua relazione con l’uomo facendo corsi, tenendo conferenze pubbliche, scrivendo libri e articoli, scattando fotografie e raccontando storie oltre che riportando ricerche scientifiche e riflessioni di grandi pensatori, se invece di far tutto questo – che è un po’ come remare contro corrente – si vietasse il possesso del cane alla gente. Lo so bene: detta così fa venire i brividi a molti di noi, ma nel contempo credo che molti direbbero invece: Ah, finalmente qualcuno che ragiona! E basta con ‘sti cani, facciamola finita una volta per tutte! Sono sporchi, pericolosi e soprattutto INUTILI!
Ecco, immaginiamo il possibile scenario se da domani uscisse una legge che rende illegale il possesso di un cane, cosa succederebbe?
Certo all’inizio credo ci sarebbero manifestazioni di protesta, scioperi, cortei in difesa del cane (cose che ora come ora non fanno poi tanto scalpore, a parte qualche caso sporadico ma solitamente commentato dai più con: Questi animalisti – detto con disprezzo – hanno proprio rotto le palle!). Ma poi, passata la “fola” e fioccate le prime salatissime sanzioni, cosa succederebbe?
Vediamo però di dare qualche dettaglio: diciamo che la legge non sia retroattiva, cioè, i cani che ci sono ci sono, ma da una certa data in poi basta. Quindi non sto pensando ad un’eutanasia di massa, che anche solo nel lavoro di fantasia non riesco a tollerare, penso piuttosto ad un “Chi c’è c’è, poi stop!”
Dopo, cosa accadrebbe?
Tra le varie possibilità immagino questo, che come nel «Proibizionismo» ci sarebbe qualcuno che al cane non vorrebbe rinunciare, a qualsiasi costo. Ci sarebbe una sorta di “spaccio” sottobanco di cani allevati in clandestinità. Certo, dall’entrata in vigore della legge, in capo a, diciamo, una quindicina d’anni, non ci sarebbero praticamente più cani, fatta eccezione per quelli allevati clandestinamente, che probabilmente, in quanto «merce rara», sarebbero molto costosi e a differenza della scarsa qualità delle bevande alcoliche del «Proibizionismo» americano sarebbero, immagino, molto ben curati e allevati. Nel contempo sarebbe impossibile vivere con loro apertamente, in pubblico, all’aria aperta in luoghi frequentati.
Si formerebbero allora “comunità” speciali?
Luoghi nascosti e protetti dalle forze dell’ordine?
Luoghi in cui si radunerebbero veterinari “superstiti” per curare in clandestinità i “partigiani” del cane?
Si formerebbero allora “comunità” speciali?
Luoghi nascosti e protetti dalle forze dell’ordine?
Luoghi in cui si radunerebbero veterinari “superstiti” per curare in clandestinità i “partigiani” del cane?
Certo è che in questo scenario il valore del cane per quei pochi disposti a sfidare la sorte e la legge sarebbe altissimo, tanto da modificare radicalmente la loro esistenza – come alcuni, forse molti, fanno anche oggi. Ecco allora una sorta di migrazione alla ricerca di un luogo fuori dai tentacoli della giurisdizione dove poter ricominciare. Dove i pochi, ma veramente appassionati, potrebbero rifondare un nuovo modo di vivere, di costruire le città, di progettare le attività lavorative, cercando di tenersi lontani da quel mondo in cui le cose sono andate come sono andate, per non commettere gli stessi errori.
Se è vero, come credo, che il successo della nostra specie nel passato sia dipeso in buona parte dalla partnership con il cane – e non penso solo al vantaggio di stare con un cane da un punto di vista utilitaristico, ma soprattutto penso alla stimolazione emotiva e cognitiva di cui un persona può fruire stando con un cane – allora, alla lunga – ma non troppo alla lunga – il “Popolo dei canari” avrebbe maggior successo da un punto di vista evolutivo. Non saprei come determinare questo successo evolutivo dato che è lungi dal venire. Ovviamente penso ad un vantaggio in termini di creatività, socialità, politica, tolleranza piuttosto che di utilità venatoria o cose del genere, un po’ anacronistiche. Ma il punto non è questo, il punto è: Proibire per Valorizzare?
Spero che comprendiate che tutto quanto scritto sia, diciamo, esercizio di fantasia con l’intento di stimolare la riflessione sul tema che tanto mi sta a cuore…
Anche se…
ciao Luca. La foto alla fine è bellissima, lì c'è il ritratto del vero homo caninus aka canaro. Suggestiva, come qualsiasi cosa abbia a che fare coi cani.
La tua riflessione diventa un paradossale racconto di fantascienza – come sono tutti i racconti di fantascienza che hanno delle buone idee – e un po0' mi ricorda anchen il destino degli animali in blade runner, rari e custoditi quasi di nascosto, anche se non lgalmente proibiti.
Questo, per iniziare….
Sì, nel capolavoro di Dick il rapporto uomo-animale è centrale. In quel mondo gli animali, praticamente tutti estinti, hanno un valore immenso e per sopperire al bisogno delle persone di relazionarsi con un animale degli "artigiani cibernetici" costruiscono degli animali robot identici al reale.
P. K. Dick nei suoi romanzi e racconti si interroga su cosa sia l'uomo e nel romanzo sopra citato (titolo originale: Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Più noto al pubblico grazie al film di Ridley Scott come Blade Runner – 1982) cerca di rispondere ad un quesito: Se io dovessi riuscire a costruire un robot in tutto e per tutto identico ad un essere umano, dotato della più raffinata intelligenza artificiale, tanto da non poter essere discriminato tra gli esseri umani in carne ed ossa, come potrei smascherarlo?
La risposta di Dick, geniale e commovente, è in sostanza: benché loggetto da me costruito sia perfetto una sola cosa non potrei dargli, una sola cosa non potrei riprodurre artificialmente; l'empatia con gli altri animali!
La storia evolutiva dell'uomo, condivisa con gli animali della Terra, gli ha dato una caratteristica che non può essere riprodotta in nessun modo, ed è questa qualità che le persone del romanzo, nel mondo disegnato e progettato da Dick, cercano e anelano. Ma i surrogati robotici non possono, a conti fatti, sostituire gli animali veri, benché perfetti nella forma e nel comportamento.
Ecco che la macchina per smascherare gli androidi – perfetti, i NEXUS 6 della Tyrell Corporation – monitora le risposte emotive attraverso un test ( il Voight-Kampff) composto di domande interamente riguardanti animali.
Ora, il punto è che l'uomo si accorge del valore delle cose quando ormai le ha perse per sempre?
Dick ci dice che ciò che ci rende umani è la nostra capacità di empatizzare con gli altri animali, e io non posso che essere concorde con lui..