Ecco quello che possiamo definire un “collo di bottiglia”. Certamente in questi anni, diciamo negli ultimi 15, la cinofilia ha fatto passi da gigante anche nel nostro paese, sopratutto a livello professionale.

Qualche anno fa infatti quando si parlava di Educazione Cinofila si parlava, di fatto, di Addestramento Cinofilo, dato che tutto ciò che riguardava questo aspetto del mondo del cane era esclusivamente legato alle performance sportivo-lavorative. Cioè a tutto quel mondo di brevetti di lavoro (IPO – SCH per fare degli esempi); alla Protezione Civile nelle declinazioni di Cani da Soccorso in Acqua e da Ricerca su Macerie (e perdonatemi se non menziono tutte le varie ramificazioni possibili). In aggiunta a questi si possono ricordare i cani impiegati dalle Forze dell’Ordine (Polizia, Guardia di Finanza, Carabinieri e Esercito) e quelli destinati alle Expo di Bellezza, alle prove su bestiame e pratiche venatorie. In ultimo voglio menzionare tutto quel comparto di cani di supporto alla disabilità: Cani per Ciechi, Sordi, con disabilità motorie e cognitive.

Intorno al 2000 però comincia a serpeggiare una cultura maggiormente legata alla vita domestica del cane, ambito che poco si adattava alle pratiche di Addestramento della vecchia scuola se non in quello che veniva, e viene talvolta ancora oggi definito, Addestramento di Base (in pratica: Seduto – Terra – Resta – Piede – Vieni). In quegli anni nuove proposte culturali arrivano in Italia – sopratutto dalla Francia e dai paesi anglosassoni – e, unitamente alle esigenze delle persone che nulla avevano a che spartire con il mondo del Lavoro in Campo Cinofilo, nascono nuove figure professionali specializzate sopratutto nella gestione del cane in ambito urbano-quotidiano. Per distinguersi dagli addestratori questo comparto di neo-professionisti si definiscono Educatori Cinofili e Istruttori Cinofili (questi ultimi in pratica sono specializzati sopratutto in percorsi riabilitativi per cani affetti da patologie del comportamento in tandem con veterinari comportamentalisti).

Ora, fatto salvo che i due termini Educatore e Addestratore si riferiscano a due pratiche differenti, cioè l’educare e l’addestrare – termini troppo spesso considerati sinonimi o interscambiabili – che sono pratiche ben distinte, con obbiettivi specifici: mentre l’uno è incentrato allo sviluppo  del carattere di un individuo (e passatemi la stringatezza per amor di sintesi), l’altro è volto all’istruzione performativa in campi molto specifici (AgilityDog, Utilità e Difesa, Obedience, DiscDog, Pet Therapy, eccetera), il collo di bottiglia era, ed è, rappresentato da qualcosa che sta a monte, e cioè la definizione di che cosa sia effettivamente un Educatore Cinofilo, quali competenze debba avere – e quindi che tipo di formazione professionale debba affrontare – e sopratutto “Chi” si possa incaricare di erogare tale formazione e titolazione.

Attualmente non esistendo qualcosa di ufficiale a livello statale – per esempio un Albo degli Educatori Cinofili – le cose stanno che ognuno è libero di fondare la propria scuola di formazione e certificare con propri parametri gli Educatori, Istruttori e Addestratori. Quindi ad oggi fa fede il “Consenso Popolare” nell’attribuire credibilità e professionalità a questa o quella scuola di formazione, a prescindere dai riconoscimenti che queste scuole hanno attraverso le affiliazioni ad enti terzi, di cui evito di parlare sempre per amor di sintesi.

Di fatto le scuole esistenti attualmente in Italia sono caratterizzate da approcci filosofico-pratici differenti, che sono essenzialmente due: Approccio Behaviorista-Zootecnico e Cognitivo-Zooantropologico. Possiamo anche dire che all’interno di ogni approccio vi sia una costellazione di scuole di formazione che possono avere molti tratti in comune tra di loro, ma che differiscano per lo stile di insegnamento e i differenti accenti posti nella formazione stessa: vi sono scuole più prettamente teorico-filosofiche, altre più pratiche-relazionali, eccetera.

Ognuna di queste propone il suo programma formativo e lo svolge con il suo stile, e questo vale per tutte le scuole, a prescindere dall’approccio.

Ma qualcosa si sta muovendo. Diverse figure della cinofilia stanno lavorando per costituire a livello nazionale un paradigma che definisca una volta per tutte Chi sia l’Educatore Cinofilo, quali competenza debba avere, quale formazione, quali oneri e responsabilità nell’esercizio della sua professione e quali tutele e inquadramento fiscale.

Una perplessità mi sorge dall’incompatibilità dei diversi approcci, che si fondano su differenti presupposti con obbiettivi formativi distinti. Mi chiedo se la definizione di questa figura professionale terrà conto di ciò, oppure no?

Per quanto mi riguarda concordo assolutamente sulla costituzione di un paradigma nazionale e mi intriga l’idea del gioco delle parti che cercheranno di far valere le loro ragioni per influenzare filosoficamente e politicamente le decisioni che staranno a monte di un decreto legge.

Temo che ad aver peso in tutto ciò – e forse sto facendo una considerazione ovvia, ma lasciatemela esprimere chiaramente – saranno sopratutto le “Conoscenze” politiche e il potere contrattuale che le diverse parti metteranno in campo per accaparrarsi la leadership nel finora florido mercato della formazione in ambito cinofilo.

Be’, staremo a vedere cosa accadrà, ma già si sono mossi dei passi – di cui forse ora è ancora prematuro far menzione – e fatto salvo per la mia personale opinione in merito (che molti conoscono e pochissimo, se non per nulla, potrà influenzare i giochi in essere) vorrei in questo frangente relegarmi ad osservatore, o meglio cronista, di quanto accadrà. Diciamo che sono spinto da un interesse più squisitamente socio-culturale che professionale, considerando che le decisioni prese ai tavoli inaccessibili ai più (me compreso) potrebbero non solo influenzare la condotta del nostro paese, ma definire, e mi si consenta di aggiungere finalmente, delle linee guida per tutta l’Europa.