È assolutamente indispensabile la presenza fisica sul posto di lavoro?
Alle volte sì, certo dipende dal lavoro.
Sono comunque dell’idea che il futuro, soprattutto nel nostro paese, che secondo me mostra di avere una mentalità molto retrograda in merito, sarà molto diverso da come è ora. Ne riflettevo con una amica proprio oggi.
Quando mi trovo imbottigliato sulla Milano Venezia la mattina, alla barriera – che per inciso andrebbe riprogettata perché rappresenta un infernale imbuto – mi guardo attorno, nelle auto vedo persone che attendono, anche ore, per fare pochi chilometri.
Molti, ne sono certo, raggiungono il posto di lavoro, accendono un computer alla loro scrivania e lavorano. Potrebbero starsene a casa e fare lo stesso, con il loro PC. Ci sono tecnologie, anche gratuite, come per esempio Skype, che consentono di comunicare con chiunque in tempo reale anche dall’altra parte del pianeta. Penso che molta parte dello stipendio di una persona che tutti i giorni si deve spostare per andare a fare un lavoro che potrebbe benissimo fare da casa va esclusivamente a coprire spese che potrebbero essere risparmiate, sopratutto se la zona dove vive rende difficile utilizzare i mezzi pubblici. Per non parlare poi del tempo trascorso per il viaggio, lo stress del traffico, eccetera.
Ci penso oggi che sto scrivendo per completare un libro che darò alla stampa tra pochi mesi. Penso che la mia condizione ha una marea di svantaggi in quanto sono un libero professionista che deve cercare di cavarsela in un paese che ha una pressione fiscale assurda e che, per quelli come me che fanno parte del popolo delle partite iva, è pressoché insostenibile, ma ha anche dei vantaggi come la libertà di poter passare una giornata lavorativa, o meglio “produttiva”, in un posto come questo, sulle rive del fiume Adda, in un baretto che ha la connessione wi-fi gratuita (come molti altri, ormai), in una giornata stupenda. Certo, tutto questo, per me, significa nessuna garanzia, la malattia non pagata, la necessità di saper usare il tempo al meglio perché nessuno mi paga quando messaggio su Facebook o quando faccio una pausa caffè, perché non ho la tredicesima o l’infortunio, perché portare a casa 1000 euro al mese netti è praticamente impossibile… Ma chi ha uno stipendio fisso, e non ha la necessità fisica di stare sul posto di lavoro perché comunque lavora su un terminale, che potrebbe benissimo fare le conferenze in Skype o chi per lui, potendo dimezzare le sue spese e vivere maggiormente la sua casa, o luoghi vicino belli come questo dove mi trovo ora, ma perché non farlo?
Pensiamo solo al miglioramento della qualità della vita, al minor inquinamento, allo stress e al maggior valore che acquisterebbe lo stipendio…Ma no, mi sono sentito dire che, anche se in effetti il lavoro che si svolge potrebbe essere fatto ovunque, basterebbe solo una connessione ad internet – cosa che al giorno d’oggi non rappresenta certo un problema anche nel nostro paese – devi essere presente al lavoro, il “Capo” ti deve vedere lì, seduto alla tua scrivania, magari che cazzeggi su un qualche Social Network, ma comunque lì, a timbrare il cartellino, quasi non conta se sei veramente produttivo o sei un imboscato perditempo, cioè non sempre conta la qualità del tuo lavoro, basta che sei puntuale. E quindi, anche se sei meritevole, non sempre ti viene dato merito per questo. E anche qui c’è il suo costo in frustrazione personale, ovviamente.
Credo che ciò che si chiama telelavoro sia l’unico futuro possibile per il mondo del lavoro e che anche nel nostro paese, ancora legato al “Sciur padrun dalle belle braghe bianche”, presto diverrà una realtà comune e diffusa. Ci saranno delle sacche di resistenza al cambiamento, certo, ci sono sempre, ma tutto ciò avverrà, soprattutto quando veramente si capirà che “si dovrebbe lavorare per vivere e non vivere per lavorare”, cioè quando veramente al primo posto ci sarà la qualità della vita di una persona – che non ha molto a che fare con la ricchezza individuale -, quando i soldi torneranno a rappresentare un mezzo e non uno scopo per vivere, ecco che scelte come il telelavoro – e chissà che altro ci sarà in futuro – saranno cose normali e condivise, anche in un paese così culturalmente arretrato in merito al lavoro come spesso è il nostro. La tecnologia per il cambiamento radicale e totale c’é da anni, si potrebbe fare domani, se solo lo si volesse veramente…
Qui un album di foto del posto in cui mi trovo ora a scrivere e lavorare… e qui sotto un timelapse realizzato nello stesso luogo…
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