(da http://www.planetemotions.it/notizie/news.det.asp?idnews=1737 )
Ogni anno qualche bambino è stato ucciso da un cane; parimenti ogni anno veniamo informati che altri bambini sono stati salvati da morte certa da cani, che li hanno tratti da cumuli di macerie o dalla neve delle valanghe.
09/11/2002 – Sia nell’uno che nell’altro caso sempre coinvolti sono cani di peso superiore ai 18 chili e, anche nel caso dei salvatori di bambini, non mancano gli individui appartenenti a razze classificabili come «potenzialmente pericolose». Problema complesso quello dell’aggressività canina, che sicuramente non è risolvibile con provvedimenti che di questa complessità non tengano conto. Per questo fa discutere l’ordinanza della Regione Lombardia. L’aggressività dei cani dipende infatti dall’assommarsi sia di influenze genetiche che «esperienziali», e queste ultime hanno un peso non indifferente. L’appartenere a una certa razza pertanto non è tutto, sia nel bene che nel male, e comunque un’antica e consolidata esperienza ci informa che la stragrande maggioranza dei cani, se allevati normalmente, pur mostrando livelli differenti di aggressività, non sono affatto pericolosi. Poi si sa, la cronaca evidenzia solo gli estremi: gli assassini e gli eroi. In mezzo, però, non dimentichiamoci che c’è la maggioranza, quella innocua gente canina (fatta anche di cagnoni) che fa compagnia alle persone sole, che gioca con i bambini, che aiuta il pastore a raccogliere il gregge, il poliziotto a scovare la droga. Che da più di diecimila anni recita benissimo la parte del miglior amico dell’uomo.
Il cane è un patrimonio dell’umanità. Non è accettabile, non è giusto, non è conveniente che, a causa di una estrema e deviante minoranza umana e canina, si rischi di svilire, di distruggere questo patrimonio. Perché così sarebbe costringendo un esercito di cani per bene a una vita in vincoli. È infatti noto a ogni studioso dell’aggressività che l’impedire a un animale socialissimo come è il cane di sviluppare articolate e libere interazioni con individui della propria specie provoca un patologico incremento dell’aggressività. E la propria specie, per il cane, non è solo la canina, ma anche l’umana, dato che ogni cane è stato «imprintato» sulla nostra specie. Perché un cane sviluppi normalmente il suo comportamento sociale occorre invece regalargli autonomia, fargli fare esperienze. Basta andare in qualche residuo sperduto villaggio dove ancora i cani vivono liberi per vedere come interagiscono pacificamente tra loro e con gli uomini. I cani cittadini, invece, perennemente tenuti al guinzaglio, non fanno altro che tentare di avventarsi l’uno contro l’altro quando si incontrano. È ormai penoso passeggiare con un cane a Milano: se si incontra un altro proprietario di cane, occorre girargli alla larga mentre i nostri animali si minacciano furiosamente. C’è addirittura chi per evitarci attraversa la strada o si nasconde in un portone. La mancanza di libere esperienze ha trasformato cani potenzialmente innocui in belve scatenate.
Occorre sapienza per allevare bene un cane. Una volta tutti sapevano farlo, ora non più, ma leggi solo punitive non aiuteranno. Anzi, peggioreranno la situazione regalando tra l’altro alle prossime generazioni, e sarebbe grave, l’idea che il cane è un animale da temere. I cani (e i padroni) pericolosi vanno messi in condizione di non nuocere, ma la loro pericolosità va diagnosticata caso per caso, indipendentemente dalla razza (tra l’altro esistono anche i cani meticci). Lo so che non è facile, ma è possibile. D’altro canto le cose facili le sanno fare tutti, quelle difficili solo le persone intelligenti. Speriamo, pertanto, nell’intelligenza.
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Come vedete l’articolo qui riportato risale a qualche anno fa, nonostante ciò ho deciso di andarlo a ripescare in quanto ciò che viene detto è quanto mai attuale (fatta eccezione per la questione dei 18 kg.) In realtà la conclusione dell’articolo è quela che lascia di più l’amaro in bocca: “D’altro canto le cose facili le sanno fare tutti, quelle difficili solo le persone intelligenti. Speriamo, pertanto, nell’intelligenza… ” E siamo ancora qui a sperare …
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